"Francesca il mondo dietro un vetro" - Albus Edizioni
di M. Rosaria Franco
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5KFe2Xo_iLvQryQsV_C36TgSe_ogSG7dQHGnPo4yHcUBA5BipyXetFVYzkvM50lOoKwxe3Hj9a8JvrKV_FcaWDbHtDKcbHlnABm5HsAWXZ_NEaQc7JbQIIg1tvhMAC5pDeRV7rSyis-U/s200/il-mondo-dietro-un-vetro%5B1%5D.jpg)
Un romanzo che coinvolge fin dalle prime righe e, pagina dopo pagina, diventa sempre più avvincente tingendosi di giallo, impregnandosi di avventura, profumandosi di eros.
In tutte le migliori librerie
oppure direttamente dal sito: www.albusedizioni.it
Libreria Voltapagina C/SO Trieste n. 1282037 Telese T.
Libreria Voltapagina C/SO Trieste n. 1282037 Telese T.
Prezzo:€ 10,00 Pagine: 212 Isbn: 978-88-96099-66-7 Anno: 2012 Genere: Romanzo Collana: narrando Albus edizioni
Estratto dal CAPITOLO XIV
Intanto, l’auto raggiunse il cancello di entrata del parco. Posteggiò. Scesero due arabi che, con fare guardingo, presero a ispezionare il giardino antistante alla casa. Raggiunto l’ingresso, uno di loro, con il calcio del fucile, infranse il vetro di una finestra e penetrò all’interno.
L’altro, con la pistola in mano, rimase fuori di guardia.
Marino e Francesca erano rimasti nascosti dietro la folta vegetazione prospiciente la piccola cala.
– Dobbiamo cercare di raggiungere l’auto e scappare.– Le disse Marino.
Lei rimase immobile a fissarlo, tentando di elaborare un piano. Lui si guardava freneticamente intorno, tentando di tenere sotto controllo la situazione. I loro respiri erano mozzi, gli occhi vitrei, i nervi tesi. Restarono in silenzio con la mente affollata di pensieri e il cuore che batteva impazzito.
L’arabo rimasto di guardia cominciò passeggiare nervosamente su e giù nel parco. Raggiunse la recinzione che delimitava il confine della casa. Si affacciò alla balaustra di protezione osservando il ripido strapiombo sul mare. Notò la piccola cala sottostante e il sentiero semi-nascosto che accedeva a essa. Insospettito, cominciò a scendere lungo il sentiero scosceso. Da circa trenta metri più giù, Marino e Francesca lo videro avanzare.
Terrorizzati, si lanciarono uno sguardo smarrito.
– Corri, Francesca, corri! Raggiungi l’auto, presto! –
– No vieni con me! – Gli rispose.
– E’ troppo vicino, Se restiamo insieme ci ucciderà, scappa. Io tenterò di assalirlo alle spalle. Tu vai! VAI! – Le ordinò, poi baciandola velocemente sulle labbra, corse zigzagando tra gli alberi per non farsi notare.
Francesca rimase per un attimo attonita a fissarlo mentre si allontanava, poi prese a correre con il fiato in gola verso l’auto.
L’arabo, correndo giù per la discesa, scivolò rovinosamente lungo le pendici, sbattendo la testa contro uno sperone di roccia. La pistola ruzzolò poco più in là. Marino era appostato a qualche metro dietro un grosso cespuglio. L’arabo si rialzò a fatica, con una ferita sanguinante sulla fronte. Marino con un balzo gli saltò addosso. Lottarono entrambi, prendendosi a pugni. L’arabo afferrò la pistola, tentando di sparare ma Marino rapidamente gli bloccò con forza le mani. Partì un colpo. Si guardarono entrambi per un lunghissimo attimo di pietrificante terrore. Poi l’arabo si accasciò con una grossa macchia di sangue sul petto, esalando l’ultimo respiro.
Marino lo fissò con occhi sbarrati. Restò immobile, incredulo. Aveva le mani macchiate dal sangue ancora caldo e vischioso di quell’uomo. Non aveva mai ucciso nessuno fin allora ma l’orrore che provava dentro era insopportabile. Diede un urlo di dolore verso il cielo poi, afferrata la pistola, cominciò a scappare, tentando di raggiungere Francesca.
Corse con tutta la forza che aveva, con il fiato che sembrava strozzargli la gola. Cadde, si rialzò e cadde ancora inciampando tra i rovi. L’altro arabo, richiamato dallo sparo, uscì dalla casa di corsa. Si precipitò verso la recinzione. Affacciandosi, vide sotto di lui il compagno ucciso e Marino che scappava tra gli alberi. Decise di non sparare da quell’altezza e con un bersaglio mobile. Si precipitò verso la jeep, tentando di raggiungerlo dalla stradina.
Francesca aveva udito lo sparo ed era corsa indietro. Vide Marino riverso in terra con una grossa macchia di sangue sulla camicia.
– NOOOO! – Gridò temendo il peggio e soccorrendolo in lacrime.
– Sto bene! Non temere, sto bene. Presto scappiamo. – Le disse.
Corsero tenendosi per mano e raggiunsero l’auto. Salirono a bordo e Marino partì sgommando a gran velocità in direzione della strada principale. La jeep dell’arabo, intanto, avanzava velocemente dalla stradina adiacente. Giunta al bivio, s’immise nella via e ingaggiò con loro un inseguimento.
La strada, a quell’ora del mattino, era deserta. Il posto era isolato. L’arabo cominciò a fare fuoco contro di loro dal finestrino.
– Hai mai sparato, Francesca? – Le chiese, porgendole tra le mani la pistola.
– Non so neanche come si usa un’arma! – Rispose lei, osservando atterrita la pistola ancora sporca di sangue.
Era ancora l’alba
quando furono svegliati dal rombo di un motore. Ancora un po’ storditi, si
lanciarono uno sguardo di sconcerto. Marino balzò in piedi, guardandosi
intorno. Una jeep stava percorrendo l’erta stradina che si snodava lungo la
parete a picco sul mare e che conduceva alla sua residenza.
– Sono loro! Corri! – Le ordinò risoluto.
Marino afferrò per
mano Francesca, scappando verso un riparo per nascondersi. Intanto, l’auto raggiunse il cancello di entrata del parco. Posteggiò. Scesero due arabi che, con fare guardingo, presero a ispezionare il giardino antistante alla casa. Raggiunto l’ingresso, uno di loro, con il calcio del fucile, infranse il vetro di una finestra e penetrò all’interno.
L’altro, con la pistola in mano, rimase fuori di guardia.
Marino e Francesca erano rimasti nascosti dietro la folta vegetazione prospiciente la piccola cala.
– Dobbiamo cercare di raggiungere l’auto e scappare.– Le disse Marino.
Lei rimase immobile a fissarlo, tentando di elaborare un piano. Lui si guardava freneticamente intorno, tentando di tenere sotto controllo la situazione. I loro respiri erano mozzi, gli occhi vitrei, i nervi tesi. Restarono in silenzio con la mente affollata di pensieri e il cuore che batteva impazzito.
L’arabo rimasto di guardia cominciò passeggiare nervosamente su e giù nel parco. Raggiunse la recinzione che delimitava il confine della casa. Si affacciò alla balaustra di protezione osservando il ripido strapiombo sul mare. Notò la piccola cala sottostante e il sentiero semi-nascosto che accedeva a essa. Insospettito, cominciò a scendere lungo il sentiero scosceso. Da circa trenta metri più giù, Marino e Francesca lo videro avanzare.
Terrorizzati, si lanciarono uno sguardo smarrito.
– Corri, Francesca, corri! Raggiungi l’auto, presto! –
– No vieni con me! – Gli rispose.
– E’ troppo vicino, Se restiamo insieme ci ucciderà, scappa. Io tenterò di assalirlo alle spalle. Tu vai! VAI! – Le ordinò, poi baciandola velocemente sulle labbra, corse zigzagando tra gli alberi per non farsi notare.
Francesca rimase per un attimo attonita a fissarlo mentre si allontanava, poi prese a correre con il fiato in gola verso l’auto.
L’arabo, correndo giù per la discesa, scivolò rovinosamente lungo le pendici, sbattendo la testa contro uno sperone di roccia. La pistola ruzzolò poco più in là. Marino era appostato a qualche metro dietro un grosso cespuglio. L’arabo si rialzò a fatica, con una ferita sanguinante sulla fronte. Marino con un balzo gli saltò addosso. Lottarono entrambi, prendendosi a pugni. L’arabo afferrò la pistola, tentando di sparare ma Marino rapidamente gli bloccò con forza le mani. Partì un colpo. Si guardarono entrambi per un lunghissimo attimo di pietrificante terrore. Poi l’arabo si accasciò con una grossa macchia di sangue sul petto, esalando l’ultimo respiro.
Marino lo fissò con occhi sbarrati. Restò immobile, incredulo. Aveva le mani macchiate dal sangue ancora caldo e vischioso di quell’uomo. Non aveva mai ucciso nessuno fin allora ma l’orrore che provava dentro era insopportabile. Diede un urlo di dolore verso il cielo poi, afferrata la pistola, cominciò a scappare, tentando di raggiungere Francesca.
Corse con tutta la forza che aveva, con il fiato che sembrava strozzargli la gola. Cadde, si rialzò e cadde ancora inciampando tra i rovi. L’altro arabo, richiamato dallo sparo, uscì dalla casa di corsa. Si precipitò verso la recinzione. Affacciandosi, vide sotto di lui il compagno ucciso e Marino che scappava tra gli alberi. Decise di non sparare da quell’altezza e con un bersaglio mobile. Si precipitò verso la jeep, tentando di raggiungerlo dalla stradina.
Francesca aveva udito lo sparo ed era corsa indietro. Vide Marino riverso in terra con una grossa macchia di sangue sulla camicia.
– NOOOO! – Gridò temendo il peggio e soccorrendolo in lacrime.
– Sto bene! Non temere, sto bene. Presto scappiamo. – Le disse.
Corsero tenendosi per mano e raggiunsero l’auto. Salirono a bordo e Marino partì sgommando a gran velocità in direzione della strada principale. La jeep dell’arabo, intanto, avanzava velocemente dalla stradina adiacente. Giunta al bivio, s’immise nella via e ingaggiò con loro un inseguimento.
La strada, a quell’ora del mattino, era deserta. Il posto era isolato. L’arabo cominciò a fare fuoco contro di loro dal finestrino.
– Hai mai sparato, Francesca? – Le chiese, porgendole tra le mani la pistola.
– Non so neanche come si usa un’arma! – Rispose lei, osservando atterrita la pistola ancora sporca di sangue.
– Puntala contro la ruota della sua auto e spara!
– Gli urlò, tenendo d’occhio dallo specchietto retrovisore la jeep che li
inseguiva. Non c’era tempo di pensare. Francesca
aprì il finestrino e, voltandosi, sparò un colpo.